Inquietudine e crisi

di Mariolina Tentoni

Ciao a tutti, sono Mariolina Tentoni, mi sono appena iscritta al forum, anche se da anni partecipo ai colloqui di novembre; ho deciso di partecipare all’incontro di metà maggio e vorrei condividere qualche riflessione che vado facendo.
Quando ho sentito da Massimo Filippini il tema di questo incontro “perchè siamo inquieti?” - sono rimasta perplessa. - Mi parla di più la lettera di Angelo e il discorso sulla crisi.

Ho appena finito di leggere “Quale fede?” di Enzo Bianchi, Morcelliana, nella collana Uomini e profeti, dove questo monaco sapiente, e molto laico si chiede se i cristiani prendono sul serio l’incarnazione; un Dio che abita la storia e ha sposato la terra, che abita l’uomo.
Che bisogno c’è di andarlo a cercare nei cieli o in un altrove, se possiamo e dobbiamo incontrarlo in noi e nell’altro uomo e nell’altra donna che condivide la nostra fatica di vivere e di amare?
Allora forse l’inquietudine nasce dalla nostra incapacità di assumere pienamente l’umanità di Gesù, e credere che la nostra carne è abitata dallo spirito, dalla difficoltà di “recuperare la fedeltà alla terra”, di vivere il qui e ora,( è questa l’incarnazione) di riconoscere e assumere il limite; l’inquietudine nasce dalla nostra incapacità di amare o meglio dalla nostra difficoltà a dare valore ai frammenti d’amore che noi possiamo dare agli altri e che gli altri ci danno. Frammenti preziosi.
L’inquietudine nasce dalla difficoltà di vivere la gratitudine, riconoscere i piccoli grandi doni di cui è intessuta la nostra esistenza; dalla gratitudine nascono la gioia e la pienezza; se non sappiamo vivere questa dimensione del sentire e dire grazie, che senso ha l’eucarestia?
L’inquietudine nasce dal divario tra l’esperienza del limite, del frammento e le aspettative, le teorie, i desideri che parlano di assoluto, totalità...
Ci abita la nostalgia di una unità originaria, di un’armonia perduta, di un amore assoluto che ci rende difficile vivere e dare valore alle relazioni parziali e conflittuali che sono le nostre.
Eppure è solo nella cura di noi – la cura di sè - e delle relazioni, nella cura della qualità della convivenza che noi possiamo vivere questo momento di crisi.

La crisi può essere un’occasione che ci costringe a un mutamento, a una metanoia;
abbiamo bisogno di pensare, mantenere aperti degli spazi di pensiero critico;
mutamento di stile di vita, dobbiamo reinventarci un modo di abitare la terra e la storia;
abbiamo bisogno di silenzio per re-imparare a dire parole vere.
Forse chi ha il coraggio e si prende la responsabilità di dirsi cristiano dovrebbe reinventarsi un modo di fare comunità (ritornare alla chiese paoline, alle chiese nelle case?)
ritornare a essere piccolo gregge, sciogliersi come il lievito nella pasta; è l’unica condizione per avere il pane.

Grazie, con amicizia.
Mariolina