Il testo che segue è parte dell’articolo “Alla pressa c’è un prete”.
Nel novembre del 1977 la rivista del P.C.I. “Quaderni Modenesi”,
in occasione del proprio riproporsi dopo un anno di silenzio,
che preludeva del resto a una non lontana chiusura, mi
sollecitò a raccontare la mia esperienza.
Ero operaio da sette
anni alla CAM, una cooperativa metalmeccanica “rossa”, e avevo
pubblicato da poco presso Feltrinelli il saggio
“Per un cristianesimo
non religioso”.
La cosa bella di Lauro è che il suo parere non lo manda a dire. A me ripete come un ritornello, da anni: “T’è propi sbagliè tot” (hai proprio sbagliato tutto). Non c’è cattiveria nelle sue parole, tutt’altro: Lauro è quello che una domenica vedendomi passare in bicicletta alla mezza sotto casa sua mi gridò dalla finestra che salissi a mangiare, dove credevo di andare a quell’ora? Ma se non c’è cattiveria, c’è molta passione e una convinzione tenace. Dopo un certo tempo lui e gli altri decisero che non ero una spia, per quanto fossi entrato alla Cooperativa Carrozzai in incognito (dovetti, un prete non l’avrebbero assunto). Ma allora cos’ero? Mi dicevano: “Abbiamo capito, sei un democristiano di sinistra”. Nel Settanta Donat-Cattin era buono. “No proprio – rispondevo – non sono un democristiano di sinistra”. Una etichetta però mi ci voleva e così in seguito passarono a dire che ero un estremista. Infatti mi avevano visto col “Manifesto” in mano qualche volta e in quegli anni essere del “Manifesto” non era come adesso, nel ‘77, un peccato veniale. Ma mi avevano appena inquadrato in questo modo che da lì a poco mi vedevano arrivare in fabbrica col “Corriere della Sera” oppure “il Giorno”; oppure, nell’intervallo del pranzo, mi vedevano leggere una di quelle “Unità” a cui i militanti si abbonano in gruppo e poi lasciano in giro come forma di diffusione. E la reazione più comune al mio comportamento non era positiva: si ha un giornale con cui ci si identifica, perdio! E soprattutto, l’”Unità” trattata in quel modo gli sembrava davvero profanata. Meglio se l’avessi letta per criticarla e basta. Che senso aveva che leggessi l’”Unità” senza secondi fini e poi non mi iscrivessi al Partito? Perché il nodo della faccenda, stringi stringi, era qui: persona seria, impegnata, non di rado in prima fila, perché non mi iscrivevo al PCI? Come il comune cattolico pensa che per essere buoni fino in fondo bisogna frequentare la Chiesa, così la base del partito comunista modenese è fermamente convinta, e il meccanismo è lo stesso, che per essere compagni fino in fondo bisogna avere la tessera e lavorare per le feste dell’«Unità». Se c’è una differenza è che i preti, oggi come oggi, sono forse meno insistenti. Perché dunque non ero iscritto al PCI? Devo dire che raramente nella vita mi sono trovato così spaesato nel rispondere a una domanda. E la ragione credo che fosse questa, che non mi si esponeva mai la linea del Partito sottoponendola al mio giudizio come se fosse una cosa come un’altra, sia pure importante. Avrei detto che mi iscrivevo oppure no, ma non avrei provato l’imbarazzo che invece quasi mi paralizzava. Quello che mi faceva sentire come sensibilità mille miglia lontano era che si volesse darmi una tessera senza preoccuparsi che io fossi convinto (che fossi io in realtà a chiederla) e senza darmi la possibilità costante di dissentire; chiamarmi a delle riunioni con un mattone introduttivo, poco o nessun cemento di dibattito in mezzo e un mattone conclusivo dopo; farmi distribuire l’«Unità» la domenica senza discutere mai con nessuno quello che c’era dentro, dico discutere sul serio, cioè senza partire dal principio che quello che c’è in una cosa sia già vero e senza avere pregiudizi verso chi sostiene il contrario. Insomma mi sentivo riportato alla Chiesa nella forma di essa che mai nella vita sono stato disposto ad accettare, neanche quando ero un ragazzo di vent’anni e ci ero entrato da poco. Dopo la stagione del Concilio, anche là le discussioni vere, cioè autogestite, sono considerate sempre «troppo difficili», «troppo pericolose» per il militante di base. Un giorno negli spogliatoi un compagno mi disse, e non scherzava: «Sai, io penso che Berlinguer sia il mio Cristo». Io un’enormità del genere, che era il mio Cristo, non solo non l’avrei detta di un papa al potere, ma neanche di un papa morto, neanche di un papa santo come papa Giovanni. Stando in fabbrica mi sono sorpreso tantissime volte a pensare: ma chi è qui dentro il cattolico, sono io o sono loro? Perché uno deve essere per forza o comunista, o socialista, o democristiano, o extraparlamentare, o altrimenti non avere diritto di esserci? Questa mania di appartenere a una chiesa, a una cosa che si accetta con sottomissione, che non si può cambiare, in cui si nasce o in cui si entra, ma una volta sola nella vita: ecco, non è questo uno dei mali più grossi dell’Italia, quello che ci rende sempre conservatori, quello che ci fa lottizzare tutto, quello che ci impedisce di guardare ogni volta una cosa com’è, una persona com’è, senza pensare di saperlo già prima? Non sono mai riuscito spiegarlo ai miei compagni e probabilmente non ci riuscirò neanche qui, ma io non mi iscrivo al Partito comunista (dico oggi e in Emilia) non perché sono cattolico, ma perchè sono laico; non per quello che c’è all’interno del quadro, anche se avrei da discutere su quello che c’è all’interno del quadro, ma perché è il sistema dei quadri che politicamente mi appare davvero troppo antiquato e come cristiano non potrò mai mandar giù. E’ un partito quello che io voglio, mentre a me sembra che in Italia vengano chiamati partiti quelli che sono di fatto chiese belle e buone, strutture associative pre-borghesi, roba da prima di Marx. Faccio fatica a spiegarmi, ma la Chiesa a cui appartengo è da concepire in tutt’altro modo, anch’essa va vissuta laicamente. I preti cominciano sempre mettendo avanti la Chiesa. C’è la Chiesa, bisogna appartenere alla Chiesa, chi non appartiene alla Chiesa si salva con i recuperi, se si salva. Uno impostato come me comincia invece da Cristo. Cosa farebbe Cristo? Ecco perché sono in fabbrica. Cristo starebbe con chi ha il potere o con chi non ce l’ha? Ecco perché non sono democristiano, «parte sana» o no non mi interessa: quando non avranno più il presidente del consiglio, quando non controlleranno più tutte le casse di rispar mio, quando il papa non si preoccuperà della loro salute, quando non saranno più il partito votato dai padroni e da chi evade le tasse, allora ne riparleremo, Cristo starebbe con i preti e i vescovi? Ma sono stati quelli che erano i vescovi del suo tempo a fargli fare la pelle, tanto l’avevano in simpatia. Qualcuno a questo punto penserà che sto esagerando: ammetterò almeno che Cristo faceva una sua chiesa, un suo gruppo che era quello giusto a differenza degli altri. Eppure, sembrerà paradossale, lui non faceva così. E’ vero che aveva uomini e donne intorno, ma rompendo tutti gli schieramenti, il proprio compreso e quando uno chiamò lui, persino lui, “maestro buono”, lo mandò a quel paese. Non andando a prostitute stava con le prostitute, non essendo un autonomo non stava alla larga da loro (quelli di quel tempo si chiamavano «zeloti»). Solo alla gente a cui tutti battevano le mani diceva cose da levare la pelle. Lui dichiarava che appartiene ai suoi ognuno che agisce senza essere schiavo del proprio interesse e per togliere ogni illusione che conti qualcosa una tessera, i Vangeli raccontano che non battezzava nessuno. Concludo facendo un esempio: tempo fa suggerii che un professore che conoscevo venisse alla CAM a parlarci della situazione economica. L’idea fu accolta con favore, ma uno dei miei più cari amici, membro del comitato di sezione, mi domandò dubbioso: “Ma è un compagno?” A me una preoccupazione del genere non sarebbe proprio venuta. Se io resto alla CAM è perché nelle officine c’è il popolo e per me è difficile sentirmi in regola da qualunque altra parte. La fabbrica è stata il posto giusto per me in questi anni. Ma quando non mi domanderanno più se chi viene è un compagno, se lo ascolteranno, se accetteranno a mente sgombra il suo bene e respingeranno senza soggezione il suo male, allora anch’io, come cristiano e come uomo, mi sarò fatto portatore alla CAM di un insegnamento che vale. Forse non avrò proprio sbagliato tutto.