Inquieti: perchè?

di Carla Padovan

“Ma come un mare agitato
Un mare che non si quieta
Le cui ondate buttano a riva
La melma dei fondali
Sono i seguaci dell’empietà
Gli empi non hanno pace”
(Is 57, 20-21a)

E’ un’immagine inquietante di chi ha perduto il bene più grande: quella pace che deriva dall’essere in comunione. Se sbaglio l’oggetto della mia passione è facile che mi perda per una via solitaria e a fondo cieco.

Inquieto nasce l’uomo, frutto di una separazione iniziale; è l’inquietudine che spinge alla curiosità di conoscere, di esperire, di cercare sempre l’oggetto d’amore che ci possa dare pace. Ma chi siamo e dove andiamo è una domanda che più volte nella vita ritorniamo a farci ed anche se la meta fosse chiara, diversamente nitido è il percorso che ci aspetta per raggiungerla.

Mi consola che inquieti fossero Adamo ed Eva tanto da sentire il bisogno di mangiare il frutto proibito, anche se avevano tutto, Abramo e Sara che si ingegnavano in mille modi per avere una discendenza; Mosè che inquieto vagava per il deserto, il popolo ebraico che, pur con la garanzia di avere Dio a difenderlo, protestava a Massa e Meriba e via così fino ai tempi nostri.

Infatti è inquieto questo nostro andare in un mondo che ci zavorra con le sue inutili e vacue richieste, ci appesantisce tra carte e burocrazie, ci indica mete fasulle di falso benessere, ci tiene prigionieri ricattandoci sull’avvenire dei figli, spesso costretti a cercare lontano la possibilità di essere veramente se stessi senza troppi compromessi. Come ripeteva mia nonna "ogni tempo ha la sua pena!"
Cosa stiamo veramente cercando? O meglio Chi stiamo veramente cercando? E lo vogliamo veramente raggiungere? Non abbiamo timore che ci chieda troppo? Siamo disposti a dare la nostra vita per seguirlo?
Ognuno ha la sua strada ed il suo percorso da realizzare, ma quante volte ci è sembrato di essere confusi, disorientati, di aver perso la bussola?

Ci sentiamo fragili e vulnerabili, come dice giustamente Massimo, basta una malattia per costringerci a dover ritarare tutto. Ho condiviso l’analisi di Silena che sottolinea il bisogno di comunione, la ricerca dell’altro come completamento di qualcosa che ci trascende e trova la sua massima espressione nell’amore di coppia. E’ lì che c’è adesione, appartenenza, scambio di vita. E tutto questo ce l’ha donato il Signore amandoci per primo e indicandoci la strada con il suo esempio e allora tutto acquista una nuova energia, una nuova speranza, una nuova gioia.

"Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela a te, o Dio,
L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?"
(Salmo 41, 2-3)

E allora non da soli ma insieme possiamo cercare di migliorare la nostra esistenza e quella degli altri. In fin dei conti anche Gesù si è scelto dodici compagni di viaggio e considerate cosa sono riusciti a fare, anche se erano semplici pescatori!